Salsa di Soia
Come viene prodotta

Ristorante Chopstick

La salsa di soia è un ingrediente fondamentale della cucina giapponese, ma da anni è conosciuta in tutto il mondo e si è adattata perfettamente a tante preparazioni che non hanno niente a che vedere con la cucina giapponese.
È quindi molto famosa, ma sicuramente non tutti sapranno che ne esistono diversi tipi e nemmeno come viene prodotta.
Ecco quindi una breve guida alle tipologie di salsa di soia e dei metodi di produzione.

Gli ingredienti della salsa di soia


Partiamo intanto elencando gli ingredienti necessari per la produzione della salsa di soia.
La salsa di soia, in giapponese “shoyu”, è composta da legumi della soia, frumento, acqua, sale e fungo koji – Aspergillus oryzae, che è il fungo filamentoso responsabile della fermentazione, nonché uno dei principali fattori determinanti del gusto umami, che definisce la qualità del prodotto.

Il processo tradizionale di produzione
Si comincia dalla preparazione di una base, coi legumi della soia ancora crudi, lasciati ad ammorbidire in acqua, oppure cotti al vapore, mischiati ai cereali di frumento cotti e ridotti in una poltiglia.
A questi ingredienti viene aggiunto il fungo koji e il composto si lascia a maturare e per qualche giorno, prima di aggiungere il sale, l’acqua ed altri agenti microbici.
Quanto tempo impiega il processo di fermentazione affinché la salsa di soia sia pronta?
Nella lavorazione tradizionale non c’è un tempo prestabilito: la fermentazione può durare mesi e mesi.
Solo dopo che sarà giunta alla sua naturale conclusione, si procederà con l’estrazione del liquido e con l’imbottigliamento della salsa di soia pronta.

La produzione moderna
Con il metodo tradizionale si ottiene un prodotto sicuramente ottimo, ma le tempistiche che richiede non vanno di pari passo con le esigenze del mercato.
Quindi molte grandi aziende utilizzano un procedimento più veloce ed economico, di tipo industriale, per la produzione della salsa di soia, che combina le alte temperature ad un processo chiamato idrolisi acida.
Il frutto di questa lavorazione va incontro a esigenze pratiche di mercato, ma risulta essere qualitativamente inferiore alla salsa di soia tradizionale e dal gusto decisamente meno complesso a livello di aromi.
Inoltre, industrialmente, è molto comune l’aggiunta di additivi, che devono essere, per legge, riportati in etichetta.
Quindi, se leggendo l’etichetta della nostra salsa di soia troveremo scritto “proteine di soia idrolizzate” o “proteine vegetali idrolizzate”, sapremo che abbiamo in mano una salsa di soia di produzione industriale.

Le tipologie
La vera salsa di soia giapponese non è una sola: ne esistono diverse tipologie a seconda delle percentuali di soia e frumento impiegate nella sua produzione e dell’aggiunta di diversi ingredienti.
La più comune è la koikuchi, nella cui produzione vengono utilizzate simili o uguali quantità di soia e frumento.
Se la koikuchi viene fatta fermentare due volte, prende il nome di saishikomi ed ha una colorazione più scura, una consistenza più densa, un gusto molto più intenso, ma meno salato.
C’è inoltre la usukuchi, che è di un colore più chiaro poiché viene utilizzato l’amazake, un liquido dolce ottenuto dal riso, durante la produzione del koji.
Molto conosciuta è la salsa tamari, per la cui produzione si impiega meno del 10% di grano; esiste persino in versione del tutto gluten free: fra tutte è quella aromaticamente meno complessa e di sapore più leggero. Esistono poi molte varianti della salsa di soia, da quelle con aggiunte di melassa o brodo, a ridotto contenuto di sale ed anche, nata più recentemente, la salsa di soia certificata Halal, per il mercato dei paesi musulmani.